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La UIL è nata per volontà di un gruppo di uomini portatori di comuni idealità, capaci d’individuare obiettivi conseguibili dotandosi di una moderna organizzazione democratica, indipendente, autonoma e socialista nei fini.

Il DNA della UIL parte, quindi, da lontano, esso è composto da neucleotidi inconfondibili presenti in alcuni fin dalla loro opposizione al regime fascista, rafforzatisi in altri dall’impegno nella Resistenza e in altri ancora consolidatisi nell’attività sindacale svolta nella Confederazione unitaria. Uomini che hanno trasfuso nell’organizzazione i principi perseguiti da Filippo Turati, il capo riconosciuto dei riformisti, in congiunzione con l’ idealità di un altro grande padre della patria: Giuseppe Mazzini, il cui pensiero è sempre stato di straordinaria attualità.

Turati e Mazzini due giganti che hanno, in campo politico, influenzato le scelte ideali di coloro che hanno fatto e guidato la UIL, così come Bruno Buozzi né è stato l’esempio da seguire in quello sindacale. Divenendo permanente punto di costante riferimento di molti uomini di prestigio presenti fra i fondatori della UIL e nei dirigenti che si sono succeduti nell’organizzazione.

Il patrimonio ideale della UIL ha trovato un forte arricchimento nel movimento azionista, negli insegnamenti dei fratelli Carlo e Nello Rosselli e giovamento dalla vicinanza politica di grandi uomini della cultura, come Leo Valiani e Ignazio Silone.

Un sostegno che si è integrato perfettamente con il modello di sindacato idealizzato da Bruno Buozzi alla cui edificazione aveva profuso tante delle sue energie e che solo la sua uccisione ne aveva impedito il completamento dell’opera intrapresa.

Quel Bruno Buozzi che Giuseppe Di Vittorio nel discorso fatto in occasione dell’inaugurazione del monumento, dedicato all’esponente socialista, al cimitero del Verano l’11 marzo 1945 riconobbe come egli fosse il vero capo della CGIL con queste parole: “Buozzi è stato tolto con violenza alla CGIL della quale egli sarebbe stato il capo naturale”. Non fu da meno il riconoscimento fatto dal capo della corrente democristiana Achille Grandi il quale affermò che in Buozzi “noi tutti vediamo in lui senza nessuna distinzione di parte il capo maggiore dell’organizzazione sindacale italiana.”

Questi giudizi e riconoscimenti ci inorgogliscono perché sono fatti nei confronti del nostro padre putativo sindacale entrato stabilmente nel DNA dell’organizzazione. Tutto ciò ci fa affermare senza alcun dubbio che il DNA della UIL si è formato da un insieme di contributi sindacali, culturali e politici di assoluto valore.

Disponendo di un tale patrimonio la UIL fin dalla sua nascita, il 5 marzo 1950, diede vita ad una organizzazione laica e indipendente che rifiutava le egemonie partitiche nel sindacato, così come di essere solo uno strumento “che esaurisce le sue funzioni nelle rivendicazioni salariali e nella regolamentazione dei diritti e doveri dei lavoratori in fabbrica o nella azienda”, ma bensì con l’autonomia di divenire una Confederazione capace di affrontare “tutti i problemi che investono direttamente o indirettamente gli interessi della classe lavoratrice” in modo da non lasciare “ alla sola iniziativa parlamentare e dei partiti politici di occuparsi dei suoi problemi, ma di affrontarli sostenuti dal sindacato con l’eventuale appoggio dei partiti senza però vincolare la sua azione a questo o quel partito”.

Una posizione fondamentale che inciderà sul mantenimento del ruolo sindacale dell’ organizzazione e ne ispirerà molta parte della politica rivendicativa.

I padri fondatori della UIL, qualunque fosse la loro provenienza o estrazione politica: sindacalisti del pre-fascismo, socialisti, socialdemocratici, azionisti, repubblicani o altro trassero dalla fusione dei valori fondamentali, di cui erano portatori, l’energia necessaria per lanciare l’organizzazione e farla conoscere ed apprezzare come nuovo modello di sindacato. Il 5 marzo 1950 la UIL nacque con la partecipazione di 253 delegati, in rappresentanza di migliaia di dirigenti organizzati e presenti nella periferia, tutti decisi a compiere una scelta organizzativa in grado di offrire ai lavoratori una “organizzazione libera dall’egemonia delle due maggiori forze politiche dominanti all’interno della CGIL (i comunisti) e della CISL
(i democristiani), un sindacato che forte delle sue radici, delle sue idealità e della sua coerenza sapesse coniugare con esse l’attualità del momento ed elaborare le linee strategiche della sua azione futura.

E’ possibile riscontrare il conseguimento del massimo risultato seguendo, oltre che la storia e gli avvenimenti succedutisi in oltre sessant’anni di vita, il percorso congressuale anche solo nella sinteticità dei motti che hanno contraddistinto le diverse assise, per rendersi conto quanto siano state rigorosamente seguite le scelte compiute all’atto della fondazione.

Dall’enunciazione molto forti del 2° e 3° congresso “Pace Libertà Lavoro” e “I nuovi strumenti di lotta, più ampie prospettive per la classe operaia” con il 4° 5° e 6°congresso ci si immerge sempre di più nell’attualità delle scelte di fondo decise dall’organizzazione con “La programmazione rafforza l’azione sindacale e ne garantisce l’efficacia” proseguendo con “Un sindacato forte per una società giusta” e di richiamo ai valori dell’unità con “L’unità della UIL per l’unità di tutti i lavoratori”. I quattro congressi successivi tutti incentrati sul nuovo modo di essere del sindacato con “Partecipare per cambiare” “Dall’antagonismo al protagonismo” “Volgersi al nuovo” e “Far funzionare l’Italia” questi, più di altri, rappresentano in chiave moderna la trasposizione ideale di Bruno Buozzi.

Negli ultimi cinque Congressi la UIL con forza ripropone la centralità del lavoro e del sindacato, altri temi tanto cari e sempre presenti nel pensiero e nell’azione di Bruno Buozzi, con “I diritti del lavoro, il lavoro per lo sviluppo” “……..più sindacato” “Più valore al lavoro” “Il lavoro vera ricchezza del Paese” e con l’ultimo congresso ribadire il riconoscimento pieno del riformismo quale azione indispensabile per realizzare una società più giusta nel quadro di un costante progresso democratico, civile e sociale, con “UIL il domani riformista”. Questa rapida e sintetica carrellata consente di affermare quanto la UIL non solo sia rimasta legata alle proprie origini, interpretando l’attualità e soprattutto abbia saputo adeguare la sua azione ai cambiamenti, spesso riuscendo ad anticiparli.

Dalla storia ed ancor più dalla cronaca degli ultimi congressi, si evince come e quanto la UIL ponendo al centro della sua azione il lavoro come valore assoluto e vera ricchezza per il Paese ritenga il riformismo quale unica via per lo sviluppo e la piena valorizzazione di tutta la società.
E’ l’affermazione di quel DNA che i laici e i riformisti hanno saputo trasmettere e che i continuatori non mancheranno a loro volta di passarlo a coloro che seguiranno garantendo il mantenimento del progressivo sviluppo dell’organizzazione.